Non suicidate Twitter! #140notmore
Non martoriate il povero Twitter
Signori amministratori di Twitter, vi confermo che ce la state davvero mettendo tutta per distruggere il giocattolo.
Oh, sì. Siete metodici, quasi certosini, e state davvero facendo un gran lavoro. Vi confermo in tutta onestà che stento a riconoscere Twitter così come l’amavo in quello che si sta trasformando in questi giorni.
Ma toglietemi una curiosità, niente di personale, ovviamente. Perché?
Le vicissitudini societarie? Lune storte più volte a settimana? La Borsa che vuole cose che non potete dare e allora fate finta di poterle dare dando campo libero a BOT, fake accounts, catene di Sant’Antonio, profili che pubblicano un tweet al minuto, ogni giorno tutti i giorni e oscenità simili?
No, davvero… perché?
Ok, ripercorro a rotta di collo le vicende, sommariamente, in maniera brutale abbiate pietà ma per cercare di far quadrare il ragionamento.
Dunque Twitter nasce nel Marzo del 2006 e sin da subito il Social dell’uccellino azzurro si fa notare per originalità e intraprendenza:
- 140 caratteri (o 120 se si aggiunge un’immagine)
- una diversa interazione tra gli utenti (puoi seguire anche senza essere seguito)
- ottimo motore di ricerca
- la vera casa dell’hashtag
Molte cose di Twitter hanno rivoluzionato la Rete, non possiamo negarlo. Si è capito subito anche quanto fosse meno accondiscendente di Facebook, più complicato, meno dedicato a chi non fosse nativo digitale o digitalmente istruito, almeno in un primo approccio.
Ancora oggi moltissime persone che passano ore e ore sui Social quando sentono nominare Twitter arricciano il naso e liquidano tutto con un “non ho mai capito come funziona e a che cosa serve!“.
Mal di poco, no?
Certo. Per molto tempo è stato proprio un “mal di poco” perché molte persone invece avevano felicemente trovato in Twitter il luogo ideale per coprire un vuoto enorme nell’interazione , nella velocità con la quale far giungere notizie importanti da un capo all’altro del mondo, nel fare rete su argomenti di interesse comune.
“Mal di poco” perché Twitter è stato strumento della nascita di collaborazioni importanti, di movimenti e anche di vere e proprie rivoluzioni, pensando per esempio al ruolo che ha svolto nella cosiddetta Primavera Araba. Tutto questo senza che non fosse anche un luogo di intrattenimento e di divertimento puri. La sagacia dei 140 caratteri…
Per dirla secca e dura Twitter occupava lo spazio dell’interesse lasciato abbandonato dal disinteresse coltivato sugli altri Social. Ohi, come spiegarmi? Se su Facebook e affini ci si occupava prevalentemente di mal di pancia del bambino dei vicini, del canino ferito dalla caduta di un capitello corinzio o ancora del gatto rimasto rinchiuso nell’abitacolo dell’auto della Barbie, su Twitter si discuteva di politica, ci si informava, si riusciva a dialogare con fonti dirette per comprendere meglio i fenomeni del mondo. Si poteva, infine, crescere anche nel proprio ambito lavorativo avendo la possibilità con così tanta semplicità di interagire con i migliori, interagendovi.
Per i brand e le aziende poi Twitter offriva la possibilità di un’interazione rapida, agile, efficace. Attraverso i 140 caratteri si poteva mettere in piedi un servizio di customer care importante: Twitter diventa per primo il luogo di incontro virtuale tra domanda e offerta.
“ok, ti sei spiegato, vai avanti…”
Questa cosa dell’allargamento a 10.000 caratteri per ogni tweet è abbastanza clamorosa. Snatura completamente e definitivamente un brand importante. Non me ne convinco proprio.
I 140 caratteri sono una poesia della Rete, costringono alla sintesi, ci offrono la possibilità di scorrere lo stream con rapidità per soffermarci davvero su ciò che conta di più e approfondire. Sono rispettosi della veemenza della vita che accade attorno a noi, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto…
L’estensione a 10K caratteri nei Messaggi Diretti e la possibilità di creare gruppi per i MD avevano già fornito una modalità con la quale aggirare il limite, anche se nel retrobottega, in maniera pulita e come eccezione necessaria magari per approfondire in maniera definitiva un rapporto che scaturiva da piccoli, brevi ed efficaci tweet.
La freschezza di Twitter, che io ho sempre immaginato rappresentata dalle acque di un ruscello di montagna che può farsi fiume molto più a valle, verrebbe distorta da una ridondanza di contenuti della quale, semplicemente, non abbiamo tempo di fruire: la cementificazione del corso del fiume, anche qui.
Abbiamo tutti chiara la vita media di un tweet oggi? Quanto accade uno, due minuti dopo che è stato lanciato? Ha senso impiegare dieci, quindici, venti minuti a scrivere un tweet che tra 30 secondi sarà ricordato soltanto dai tuoi polpastrelli che lo hanno digitato sulla tastiera?
Stanno per essere implementate, da Facebook, delle features spaziali come uno spazio di vero e proprio blogging e un motore di ricerca finalmente come si deve, per non parlare del sistema di pagamento diretto tramite Messenger e la guerra video che sta portando nei confronti di YouTube e degli altri attori del settore.
Instagram ha già superato Twitter per numero di interazioni, approfittando di una società sempre più improntata al fast food digitale: un’immagine si guarda rapida, si apprezza con un clic e poi si passa alla prossima. E se soltanto aggiungessero la possibilità di mettere link cliccabili nel testo delle immagini sarebbe una pioggia di sangue nei confronti di Twitter.
Allora cosa? Lo vogliamo dire: Twitter è una nicchia!
Una nicchia da milioni di utenti ma una nicchia. Una nicchia per la discussione impegnata, per la condivisione di interessi simili per il ruolo fondamentale che ha sempre avuto nel raccontare la contemporaneità in presa diretta.
Twitter può essere salvata in altro modo, per esempio chiedendo finalmente la collaborazione di chi, come noi, opera nel settore e agli utenti più attivi come individuare le funzionalità da potenziare e quelle da mettere in risalto.
Non è di VIP che abbiamo bisogno, né tanto meno delle mode alla X-Factor, che certificano soltanto quanta gente consumi un prodotto di intrattenimento, più che creare nuove connessioni tra persone. Già al momento della registrazione di nuovi utenti, benedetto Manitù, invece che mostrare i grandi newtork mondiali, le squadre di calcio più blasonate o i soliti personaggi famosi che utilizzano il mezzo soltanto in maniera unilaterale perché non mettere un bell’how-to su come ottenere quello che ci interessa di più dal motore di ricerca?
Se volete che Twitter sopravviva, carissimi amministratori, dovete rimetterlo in mano a chi lo ha reso grande a partire dal vostro codice: le persone.
Favorire l’interazione vera, continuata, reiterata, riporterebbe tante persone a casa dopo aver abbandonato la piattaforma e attirerebbe moltissimi giovani ad entrare e trovare un luogo davvero alternativo a Facebook.
A volte un passo indietro è un passo necessario e non una sconfitta.
Chiedete una mano, ascoltateci. Aiutateci a ripulire il network dagli account falsi, a chiedervi miglioramenti dei quali abbiamo davvero bisogno.
Il vostro tesoro a lungo termine sono gli utenti, non il loro numero, ma la loro qualità e continuità nella presenza. Ovviamente se non è la Borsa che tiene in mano le redini del futuro dell’uccellino azzurro. Perché se fosse così allora addio. Non c’è speranza…
P.S.: Le voci insistenti nella seconda metà del 2015 secondo le quali Google era interessata a rilevare il Social del 140 caratteri mi stuzzicavano assai, sperando che potesse essere davvero un accordo interessante per ambedue le parti. Visto però come si sta muovendo la casa di Mountain View con GooglePlus e YouTube negli ultimi tempi non ne sono più convinto. Avanti il prossimo?
articolo © by Leonardo Vannucci
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Sono assolutamente d’accordo: Twitter agli utenti!
Rendiamo #140notmore un meme virale!
Fra le tante cose che si potevano fare, proprio il provvedimento più “snaturante” vanno a pescare?